La differenza emotiva tra mamma e papà



La differenza emotiva tra mamma e papà


Ebbene, abbiamo preso coscienza dello schema famigliare ora che nascerà un bimbo. Pensavamo di diventare n.2 più qualcosina ed invece abbiamo scoperto che diventiamo ben n.4. Cioè, per essere più precisi, gli attori protagonisti della famiglia che si sta formando saranno n.3 ma i rapporti che caratterizzeranno questo nucleo famigliare saranno n.4. Il rapporto originario, cioè quello da cui è scaturito tutto, e cioè il rapporto di coppia, il rapporto mamma-figlio, il rapporto papà-figlio e il nuovo ed inaspettato (si fa per dire) rapporto mamma-papà, il rapporto di genitorialità.
Nuovo senz’altro, ma perché inaspettato? Eh già perché arrivati alla vigilia del parto non tutti si sentono già genitori, non tutti si sentono pronti, non tutti sono perfettamente consapevoli di cosa sta per accadere.
Quando si chiede alle coppie di futuri genitori se si sentano già genitori, le risposte non sono così scontate, a volte sono incerte, i visi sono dubbiosi, gli sguardi sono un po’ persi nel nulla. C’è chi alza la mano convinto e dice di sentirsi genitore dal giorno in cui ci si è detti: “Proviamo ad avere un bambino”. Poi c’è chi racconta di essersi convinto nel momento in cui ha visto per la prima volta la righetta sul test di gravidanza. C’è anche chi dice di averlo capito ancor prima che il test lo rivelasse: donne che raccontano di come sia stato il loro corpo ad avvisarle, uomini che hanno visto una luce differente nello sguardo della compagna e hanno azzeccato la previsione.

Ci sono poi quelli un po’ più razionali che dicono di aver sentito l’anelito genitoriale dopo aver visto battere il cuoricino alla prima ecografia, mentre altri hanno avuto bisogno di sentirlo muovere o di vedere il pancione che si deformava vistosamente per lo spostamento del bimbo. Altri hanno sentito la chiamata quando hanno saputo che il bimbo poteva già sentire le voci dichi parlava vicino al pancione, altri che hanno fatto click quando il bimbo ha reagito con un calcetto alla pressione della mano sulla pancia.
I racconti sono mille, teneri, ridicoli, razionali, formali, tecnici, tutti veri, tutti da ascoltare, tutti da mettere in un archivio mentale, ma soprattutto tutti da elaborare perché ad analizzarli bene questi commenti  di futuri genitori, a sentire i racconti  delle loro emozioni, si deduce che spesso all’interno della coppia la sensibilità non sia la stessa.
Magari troviamo una mamma consapevole e serenamente pronta ad affrontare la nuova esperienza seduta a fianco al futuro papà che invece tentenna, che dice: “Forse ho bisogno di vederlo per sentirmi davvero papà”. Oppure troviamo una mamma alla 30 esima settimana ti guarda un po’ spaesata e ti dice di non sentirsi ancora mamma - e a guardarla viene da sorridere perché con quel pancione sembra lo spot della maternità - seduta a fianco ad un futuro papà che ha già metabolizzato, è già pronto, ha preparato la cameretta, organizzato la casa, ordinato la nuova macchina, deciso il nome e già stabilito in che modo riorganizzerà tutti gli orari della sua vita per poter stare più ore possibili con il suo bambino.

In una parola, molto spesso nella coppia si scopre di essere in uno stato emotivo diverso. E la cosa un potrebbe fare un brutto effetto. Ma come, si è deciso insieme, sta andando avanti il progetto che si è sognato assieme, sta per accadere la cosa che terrà legati assieme per il resto della vita – perché genitori  lo si resta per sempre – e ci si ritrova diversi?! Diversi ancora prima di cominciare! Francamente non suona bene, sembra quasi impossibile.
E invece è possibile. Può succede di ritrovarsi in uno stato emotivo differente, ma la cosa non deve assolutamente né sorprendere né preoccupare. Direi anzi che la differenza potrebbe essere considerata la normalità. Si è differenti innanzitutto perché questi nove mesi sono stati vissuti in maniera differente.  
Le donne vivono la gestazione come una vicenda soprattutto fisica. Sono ingaggiate fisicamente. Il loro corpo cambia, da subito,  e dà loro segnali inequivocabili di quanto stia succedendo. Sono molte le donne che riferiscono di avere instaurato un vero e proprio dialogo con il loro corpo che le ha accompagnate per tutti i nove mesi di gravidanza, alcune addirittura raccontano di essersi sentite rassicurate dalla sensazione di poter pensare “Se sto bene io, sta bene il bimbo”. Pensiero più rassicurante che realistico.
Gli uomini invece passano nove mesi nei quali possono solo pensarlo il loro bimbo. Se lo immaginano, lo sognano, provano a parlaci attraverso il pancione, provano a interagire con lui massaggiando il pancione della mamma, e questa loro posizione defilata, esterna, in un certo senso secondaria, può farli sentire frustrati. Alcuni hanno raccontato di soffrire una vera e propria gelosia, altri invece hanno riferito di non essersi sentiti  chiamati in causa e quindi di aver preferito rimanere un po’ ai margini di una vicenda che appariva loro come una cosa riservata al mondo femminile.
C’è da dire che non sempre gli operatori sono preparati per coinvolgere il papà in tutte le occasioni che si propongono durante la gravidanza. Ci sono ancora Pediatri che parlano soltanto guardando la mamma, ci sono Ginecologi che interloquiscono solo con le mamme, rafforzando questa sensazione che molti uomini hanno di essere di troppo in questa vicenda. Un papà ha riferito di aver assistito a tutte le ecografie durante i nove mesi e di essersi amaramente reso conto che la Dottoressa non gli ha mai rivolto la parola. Per fortuna questa mentalità sta cambiando e si può star certi che frequentando i Centri più organizzati o riferendosi ai Professionisti più preparati, ci si trova gradevolmente accolti in procedure e in situazioni che prevedono la massima attenzione per la coppia di genitori intesa come entità unica, proprio a voler valorizzare fin dall’inizio l’importanza del coinvolgimento di ambedue i genitori nelle funzioni di cura. Ma non dappertutto è così, e chi ne fa le spese è la coppia, che rischia di non riuscire a sbocciare pienamente nel suo nuovo compito genitoriale.

Fatto sta che – operatori o non operatori - il percorso emotivo dei papà e delle mamme è differente, quindi non bisogna farsi sorprendere se ci si ritrova diversi, se ci si scopre in uno stato emotivo differente, ma questa diversità non bisogna interpretarla come un difetto della coppia, o come un primo segnale di future difficoltà o divergenze nei compiti genitoriali, ma come una risorsa decisiva per costruire un progetto genitoriale efficace.  
Il segreto per affrontarla e non farsi spaventare è innanzitutto il dialogo. Parlarsi, capirsi e darsi tempo. Raccontarsi le proprie emozioni e darsi tempo di metabolizzare un evento che la nostra cultura ci presenta ancora come un evento che debba rendere felice e realizzata soltanto la donna e che debba coinvolgere l’uomo solo marginalmente, ma che invece la nostra generazione sta cercando di rielaborare in maniera più ampia.

Abbiamo deciso di far famiglia assieme, di costruire un progetto educativo congiunto al quale mamma e papà partecipano pariteticamente, interscambiabilmente e in stretta collaborazione, e ci troviamo di fronte ad una prima problematica. Sui blocchi di partenza ci sono due persone che potrebbero avere stati d’animo differenti e una consapevolezza differente.
Niente panico. Partire così non è partire con l’handicap ma con una marcia in più. Io dico che la differenza è l’arma decisiva per ottenere buoni risultati. Si tratta di capirne la potenzialità e di gestirla bene.

Federico Ghiglione - Pedagogista
Ideatore Progetto Professione Papà
www.professionepapa.it

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